Ontologia e storia. Vico versus Spinoza
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Spinoza e Vico sono, non da ora, due snodi particolarmente significativi della ricerca storica di Aniello Montano. Era in qualche modo destinato che questi due plessi di ricerca si congiungessero all’insegna di una duplice esigenza: segnalare la presenza, da considerare imprescindibile, di Spinoza nel pensiero vichiano, ma al tempo stesso rifiutare ogni trattazione lineare e continuistica del rapporto tra i due filosofi. Spinoza e Vico sono pensatori centrali dell’età moderna. Ma sono anche in larga parte simboli di due tendenze profonde e diverse della modernità. A partire di qui si può capire quanto sia ambiziosa la scommessa di Aniello Montano. La domanda, in ultima analisi, è che cosa è stata la “storia” come l’hanno pensata coloro che – da Vico ai primi filosofi della storia illuministi, da Hegel agli idealisti del Novecento – l’hanno trasformata in un oggetto filosofico di primaria importanza. Si tratta della dimensione, che proprio la nuova scienza e il nuovo naturalismo anti-finalistico ci hanno aperto e a cui ci hanno indirizzato per risolvere i nostri problemi? O si tratta dell’ultima retraite, in cui è stato ancora possibile poter usare schemi di pensiero finalistici e provvidenzialistici, e, dunque, del luogo di un paradossale “reincanto” dell’uomo nei confronti di se stesso e del proprio destino? Molto probabilmente le alternative coesistono. Coesistono in Vico stesso, ma coesistono anche dopo di Vico. Da questo punto di vista il libro presenta un’unità profonda al di là della partizione tra un plesso centrale (Spinoza e Vico) e una galleria di figure che ne costituiscono quasi un’appendice. La galleria finale ha senz’altro il primario scopo di segnalare la ricchezza e poliedricità delle voci presenti nel dibattito filosofico italiano del Novecento. Ma è anche – per la forza stessa dei problemi filosofici e non per un disegno occulto dell’autore – una ripresa dei temi che il lettore aveva visto squadernarsi nell’alternativa Spinoza-Vico.
(Dall’Introduzione di Maurizio Cambi e Francesco Piro)